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La comunicazione in azienda

Comunicare è inevitabile

Questo dato di fatto è la struttura portante del ragionamento proposto in questo articolo, che riguarda i modi di comunicare all’interno di un’azienda. Quando due individui (colleghi, in questo caso) si incontrano, nasce un’interazione tra di loro. Le dinamiche descrittive sono complesse, ma può essere utile avere almeno un’idea di cosa succede e perchè. Spesso succede che si dia poca importanza alla comunicazione e così alcuni atteggiamenti, ancorchè in buona fede, ottengono effetti inaspettati.

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Dinamica della comunicazione

Per trasmettere informazioni serve un soggetto comunicante, un messaggio e un destinatario. Le combinazioni, tuttavia, possono dare molteplici risultati.

Il soggetto comunicante può essere un manager che illustra la nuova strategia aziendale a tutti i dipendenti, con una forte carica di energia positiva. Può essere un collega che sta spiegando ad un visitatore, ponendosi in mezzo all’ufficio e ben udibile da tutti, come si sente a disagio quando viene a conoscenza dei dettagli nelle telefonate dei vicini di scrivania… perchè parlano a voce alta. Può essere il capo che osserva il dipendente nel corridoio, riservandogli un’occhiata rapida ma intensa, mentre passa, senza proferire parola.

Nel primo caso c’è una comunicazione esplicita e diretta. Il manager spiega il piano strategico nei dettagli, usando parole, numeri, figure proiettate dal suo computer sullo schermo in sala riunioni. Egli utilizza anche l’energia della sua voce, cercando di trasferire entusiasmo per il cambiamento, e il suo linguaggio corporeo: sorride, realizza gesti ampi con le braccia quasi come a voler accarezzare tutto l’uditorio.

Nel secondo caso c’è una comunicazione esplicita e indiretta. Il collega di ufficio ha la chiara intenzione di far sapere ai suoi vicini di scrivania che non gradisce la loro abitudine di parlare a voce alta durante le loro telefonate: oltre a non essere interessato ai contenuti delle loro conversazioni, la sua concentrazione ne è disturbata. Il contenuto del messaggio è esplicito. Il destinatario però non è quello diretto: il collega parla con un interlocutore non coinvolto nella sua situazione, assicurandosi nel contempo di essere ascoltato dai veri destinatari del suo messaggio, cioè i vicini di scrivania.

Nell’ultimo caso c’è una comunicazione implicita e diretta. Il capo non parla. L’occhiata che lancia al suo dipendente ha però un messaggio implicito molto chiaro: sto ancora aspettando quel rapporto sulle vendite che ho chiesto settimana scorsa.

Per completezza, è possibile mostrare un esempio di comunicazione implicita e indiretta. Il responsabile di produzione tiene la porta del suo ufficio normalmente aperta. Egli non disdegna mai un consiglio ai suoi collaboratori, in caso di bisogno. Stamattina però è entrato con aria scura e ha chiuso subito la porta. Ieri sono stati resi noti i risultati della fatturazione mensile e non sono soddisfacenti. Una buona parte di responsabilità ricade proprio sul reparto produttivo, che non è riuscito a gestire le necessità pianificate. Con grande probabilità l’uomo sta preparando una buona spiegazione da dare al direttore generale nella riunione mensile programmata per il pomeriggio. Il messaggio implicito ed indiretto è: si prega gentilmente di non disturbare.

Modalità di espressione e destinazione dei messaggi

I piani della comunicazione

La comunicazione può avvenire su diversi piani. I più interessanti ai fini del ragionamento attuale sono:

  • Piano dei contenuti
  • Piano delle relazioni

Il piano dei contenuti riguarda le informazioni inerenti alla situazione pratica da evolvere durante un episodio comunicativo, come ad esempio un dialogo. Se due colleghi parlano della presentazione da consegnare al capo entro la mattinata, il piano dei contenuti riguarda le informazioni inserite nella relazione stessa. Sono già ottimali o vanno integrate, modificate? Un confronto tra i due co-autori è fondamentale. Discutere dei contenuti e di possibili integrazioni porterà molto probabilmente a migliorare il lavoro svolto.

Il piano delle relazioni coinvolge le percezioni personali della sfera emotiva e le emozioni. Riferendosi all’esempio precedente: il primo collega vive in effetti lo sviluppo del lavoro congiunto come una costrizione. Non ha mai provato simpatia per il secondo collega. Egli pensa che sia diffcile che questi si sia davvero impegnato nella redazione della sua parte di presentazione. Percepisce molto forte il rischio di vedere trasferito su di sè la maggior parte degli oneri di sviluppo del lavoro, salvo poi non vedersene riconosciuti i meriti per effetto dell’arrivismo dell’altro. E’ probabile che ci sia un atteggiamento difensivo e diffidente.

I due piani sono complementari e il secondo è potenzialmente distruttivo. Consideriamo il caso seguente.

Un imprenditore è convinto che due specialisti di un settore tecnologico molto avanzato potrebbero fare la fortuna della sua azienda, perchè sono i migliori sul mercato. Li assume entrambi, investendo una grande quantità di risorse. Nella realtà però essi non riescono a lavorare insieme, per effetto della loro scarsa attitudine personale al confronto con un professionista di pari livello di competenza tecnica. Nelle loro precedenti aziende, in effetti, erano autorità tecniche indiscusse nel loro reparto. Il risultato è: i due specialisti dedicano più tempo a dimostrare che il collega abbia torto nelle discussioni piuttosto che a sviluppare nuove buone idee. L’imprenditore scopre che averne due in questo caso si sia rivelato molto peggio che averne uno soltanto.

I due specialisti erano davvero tali sul piano dei contenuti (condizione necessaria ma non sufficiente). Il piano delle relazioni ha però distrutto la possibilità di successo per l’azienda. E’ interessante notare che: nel caso i due colleghi avessero invece costruito un rapporto di relazione molto positivo, non avrebbero comunque contribuito significativamente al successo aziendale se non fossero stati bravi sul piano dei contenuti.

Due piani complementari: confonderli è pericoloso

Ruoli aziendali e comunicazione

I ruoli aziendali sono la manifestazione dello stato funzionale dell’individuo nell’organizzazione. L’azienda sceglie una determinata persona per ricoprire un certo ruolo perchè c’è la convinzione che interpretandolo possa creare del valore aggiunto. I comportamenti dell’individuo nel ruolo assegnato arrivano dalla fusione di tre aspetti complementari:

  • Competenze
  • Valori
  • Attitudini

La competenza è la capacità di utilizzare le proprie abilità in un determinato contesto per ottenere un risultato di qualità. Alcune competenze si possono creare, altre allenare. Altre ancora possono solo essere innate.

I valori sono custoditi nella profondità del nostro essere e rappresentano le ragioni prime delle nostre azioni. Teseo Tesei compì il sacrificio massimo durante l’operazione Malta Due del 26 luglio 1941. Quando prese la decisione di rinunciare alla via di fuga dall’esplosione del suo mezzo d’assalto lo fece coscientemente, anche se sapeva che tale decisione avrebbe avuto esito fatale per lui. I valori in cui crediamo sono la massima fonte di motivazione per le nostre azioni. Anche se non tutti (per fortuna) hanno decisioni da prendere in un contesto come quello di Tesei, i valori sono molto importanti per orientare i ruoli e i compiti da svolgere in una comunità di persone, come ad esempio un’azienda.

Le attitudini sono delle naturali disposizioni ad affrontare alcune situazioni con determinati comportamenti. Attitudine al lavoro manuale significa, ad esempio, che un individuo potrà reagire con un rapido intervento tecnico personale all’occorrenza di un guasto al rubinetto del suo lavandino (se ne ha le competenze tecniche). Un suo vicino di casa che non ha quell’attitudine preferirà contattare un bravo idraulico.

La comunicazione è una parte fondamentale dell’interpretazione di un ruolo aziendale. Un manager è bene che non dia in escandescenze con un suo collega, o con il suo capo, di fronte a tutti i suoi collaboratori. Il messaggio che consegnerebbe in modo indiretto, inequivocabile, è che non ci sia armonia nella catena di comando. Le conseguenze potrebbero essere molto gravi.

Qualunque sia lo stile di comunicazione personale, va tenuto presente che i ruoli in azienda fungono da cassa di risonanza per ogni messaggio consegnato all’esterno, in modo volontario o involontario. L’imprenditore che ha due divisioni di business in azienda con risultati differenti e dedica il suo tempo quasi esclusivamente a quella in attivo, consegna più o meno volontariamente un messaggio molto chiaro a tutti i dipendenti della divisione in passivo.

Ruolo aziendale e componenti personali

Gli stili comunicativi

Lo stile di comunicazione è proprio di ogni individuo e definisce il modo in cui avviene il trasferimento del messaggio ai destinatari. Delineando due categorie di massima, si può distringuere tra stile inclusivo o esclusivo. Lo stile viene spesso accompagnato da una tendenza a vivere relazioni simmetriche oppure asimmetriche.

Uno stile inclusivo rappresenta il tentativo dell’individuo di coinvolgere il destinatario del suo messaggio nelle motivazioni che lo hanno prodotto. A volte si tratta di un desiderio di condivisione, altre invece si tratta del bisogno di approvazione.

Uno stile esclusivo rappresenta invece la volontà dell’individuo di forzare il contenuto del suo messaggio all’accettazione del suo interlocutore, con o senza il suo consenso. Uno stile esclusivo si manifesta spesso con un approccio di valutazione, anzichè di raccolta informazioni. Propone delle strutture logiche di pensiero ancorate a delle certezze, in modo che non ci sia la possiblità per l’interlocutore di attaccare il ragionamento insinuandosi nelle aree di dubbio.

Per semplicità, è utile descrivere due esempi.

Un amministratore delegato spiega ai soci di un’azienda perchè ritiene opportuno accantonare un certo quantitativo di utili dell’anno a riserva, anzichè distribuirli. Il discorso dell’amministratore è sereno, pacato, dà l’impressione di inevitabilità della decisione e si basa su motivazioni inoppugnabili. C’è un atteggiamento di condivisione verso i possibili destinatari del beneficio finanziario, che ascoltano le ragioni per cui non lo avranno. In questo caso lo stile della comunicazione scelto dall’uomo è inclusivo e la relazione con i soci è simmetrica: non c’è sudditanza, nè prevaricazione.

Un direttore di produzione parla al gruppo di tecnici manutentori di linea riguardo i guasti sulle macchine utensili verificatisi nell’ultima notte di produzione. L’uomo sa che l’azienda ha sofferto un fermo produttivo dannoso per i risultati del mese, perchè le consegne previste non potranno essere rispettate. Egli pensa che l’episodio si sarebbe decisamente potuto evitare se i tecnici avessero svolto bene il loro lavoro di manutenzione. Adottando uno stile severo ed esclusivo, il manager rimprovera aspramente i colleghi e non ascolta le loro ragioni. Non sta raccogliendo informazioni per capire se i guasti siano davvero dipesi da insufficiente manutenzione oppure dal caso. L’approccio alla relazione in questo caso è di tipo asimmetrico: il direttore di produzione pone se stesso e le sue motivazioni al di sopra dei suoi interlocutori e non accetta di essere messo in discussione.

Approccio alla relazione

In generale gli stili comunicativi possono essere funzione dei ruoli ricoperti dalle persone nell’organizzazione aziendale: così come è difficile che un dipendente di un’azienda si rivolga con atteggiamento di superiorità e stile esclusivo ad un membro del consiglio di amministrazione, è altresì improbabile che due colleghi molto differenti come funzione e professionalità abbiano un rapporto di totale ed immediata comprensione su temi aziendali complessi.

In effetti, riferendosi al grafico della professionalità (rif. articolo dedicato all’Organizzazione Aziendale), spesso si vede come le professionalità tecniche specialistiche e quelle gestionali generaliste abbiano bisogno di una certo sforzo per trovare un terreno comune dove comunicare in modo completamente efficace.

Osservando la figura seguente, si intuisce che le professionalità del Dr. Rossi e dell’Ing. Verdi siano molto diverse. Questo non impedisce certamente una buona relazione tra di loro, ma per discutere nel merito di questioni complesse i due individui dovranno considerare le mutue differenze di approccio alla comunicazione. E’ probabile, ad esempio, che il Dr. Rossi abbia un problema da risolvere e sia focalizzato su una decisione da prendere entro una data scadenza. La decisione sarà la migliore possibile nel rispetto dei vincoli di tempo e risorse dedicate all’esame del problema. Nella stessa situazione, dal punto di vista dell’Ing. Verdi, il focus probabilmente non sarà sulla decisione entro la scadenza, ma sull’approfondimento tecnico necessario per essere ragionevolmente sicuri di risolvere il problema in modo formalmente corretto.

Comunicazione tra il manager (Dr. Rossi) e il tecnico specialista (Ing. Verdi)

I contesti della comunicazione

Il contesto della comunicazione definisce l’ambito in cui vengono decodificati i messaggi e i contenuti trasmessi.

Si immagini ad esempio che un uomo pronunci la frase “Non posso farlo, ho altre priorità” ad un collega che gli ha chiesto di occuparsi di un lavoro.

Il primo contesto in cui la frase viene pronunicata è in pubblico, durante una riunione importante, alla presenza del direttore generale dell’azienda, in cui un responsabile vendite intende affidare ad un membro del suo team la gestione di un cliente strategico che sta per firmare un grosso contratto con la società. Alla dimostrazione di fiducia nei confronti del venditore, quest’ultimo reagisce come descritto. Dato il contesto, la reazione desta sorpresa in tutto l’uditorio. In effetti l’uomo ha voluto coscientemente creare una situazione di imbarazzo per il suo capo, al fine di mettere in risalto la sua (presunta) incapacità di assegnare le corrette priorità ai suoi collaboratori.

Il secondo contesto in cui la frase viene pronunciata dallo stesso uomo è nell’ufficio del suo capo, in una riunione dedicata, in cui si sta discutendo degli obiettivi per l’anno in corso. Il manager chiede al venditore se nell’area geografica di sua competenza ci sia la possibilità di seguire un nuovo tipo di clientela. Entrambi sanno che la mossa potrebbe essere prematura, perchè il territorio offre ancora molte potenzialità di sviluppo dei clienti esistenti. Dopo un’attenta riflessione e a valle di un ragionamento condiviso e sincero, la frase pronunciata intende sancire la volontà dell’uomo di seguire la strada che reputa migliore al momento.

La stessa frase pronunciata in due contesti differenti ha significati diversi.

Il contesto è una variabile fondamentale per l’interpretazione di un messaggio. Anche se non cambia il contenuto, l’ambiente in cui si verifica il fenomeno della comunicazione è un fattore chiave per il suo risultato.

Collaborazione, conflitto

La comunicazione è una solida base su cui costruire una proficua collaborazione, ma può essere usata efficacemente per risolvere un conflitto.

In azienda normalmente occorrono situazioni dove le persone si confrontano su temi di comune importanza. Non sempre però i valori, le personalità e gli atteggiamenti sono simili. A volte le discussioni sono produttive e portano alla nascita di buone idee. Altre volte non lo sono. Quando gli atteggiamenti sono constrastanti (approccio alla relazione asimmetrico), il contesto è rischioso (pubblico) e gli stili sono esclusivi, è possibile che la discussione si sposti dal piano dei contenuti a quello dei valori e il tutto degeneri in uno scontro.

Lo scontro è un episodio che può essere parte di un conflitto più strutturato.

La gestione dei conflitti è una delle attività più critiche e delicate che appartengono alla sfera di responsabilità del management.

In un’organizzazione che funziona bene le energie non devono essere impiegate per alimentare conflitti interni. Devono piuttosto servire ad aggredire il mercato con la forza dei propri prodotti e servizi.

E’ importante che in azienda esistano delle regole chiare su come gestire la comunicazione. Il gruppo dirigente deve essere addestrato a riconoscere l’impatto che i propri stili e comportamenti hanno sul resto dei colleghi e su come gestire eventuali conflitti interni al proprio gruppo di responsabilità. E’ ovvio che molte regole di base non vengano formalizzate: rientrano spesso nei canoni della buona educazione e del senso comune di responsabilità personale e di ruolo. E’ però utile che i dipendenti con compiti di coordinamento siano periodicamente focalizzati sull’importanza di quanto descritto.

Processo di gestione dei conflitti

I consulenti di CAEdevice possono aiutare le aziende a comprendere gli schemi di comunicazione esistenti e a pensarne di nuovi, per aumentare l’armonia in azienda ed incentivare la collaborazione. Gestire la comunicazione aziendale può essere complicato ma portare molti benefici. Farlo insieme è più facile!

Per ulteriori informazioni e preventivi: daniele@caedevice.net

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